L’Applicazione della PEX nella Cessione di Partecipazioni da Conferimento d’Azienda: tra Intento Riorganizzativo e Speculativo
La Participation Exemption (PEX), regolata dall’art. 87 del TUIR, è uno dei regimi fiscali più rilevanti per le imprese italiane, poiché consente di escludere dalla tassazione il 95% delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni societarie. Tuttavia, la sua applicazione non è priva di complessità, soprattutto in situazioni che coinvolgono operazioni societarie straordinarie come il conferimento d’azienda con successiva cessione delle partecipazioni della conferitaria acquisite dalla conferente. Recenti orientamenti giurisprudenziali e le interpretazioni tratte dall’Agenzia delle Entrate, hanno sollevato dubbi su alcuni aspetti della convenienza dell’applicabilità della PEX, in particolare ponendo l’attenzione alla valutazione dell’intento speculativo che contrasta con l’intento meramente riorganizzativo.
1.1 Il regime della PEX: incentivazione alla riorganizzazione ed alla crescita aziendale
La PEX è stata introdotta con la riforma fiscale del 2003 per incentivare la crescita e la competitività delle imprese italiane. L’obiettivo principale è quello di favorire la circolazione delle partecipazioni societarie, agevolando le operazioni di riorganizzazione aziendale alleggerendo notevolmente il carico fiscale sulle imprese che decidono di darsi una diversa struttura organizzativa. Tuttavia, il legislatore ha previsto requisiti stringenti per evitare abusi e utilizzi speculativi del regime fiscale, tra cui :
- Il possesso ininterrotto della partecipazione per almeno 12 mesi prima della cessione (c.d. Holding Period);
- La classificazione delle partecipazioni come immobilizzazioni finanziarie;
- La residenza fiscale della società partecipata in un Paese non a fiscalità privilegiata;
- L’esercizio di un’attività commerciale da parte della società partecipata.
Nel rispetto dei suddetti requisiti, le plusvalenze generate dalla cessione di partecipazione fra società saranno esenti per il 95%.
1.2 La sentenza della Cassazione e l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 8235/2023) ha introdotto una lettura restrittiva sull’applicabilità della PEX in caso di cessione di partecipazioni ottenute tramite conferimento d’azienda. Nel caso specifico, una società aveva conferito un’azienda ad una nuova entità societaria e successivamente ceduto le partecipazioni ricevute. La Corte ha negato l’esenzione fiscale, sostenendo che l’operazione fosse finalizzata unicamente ad ottenere un vantaggio fiscale e che mancasse un reale intento riorganizzativo, fondamentale per l’applicazione del regime di esenzione in esame.
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha individuato un presunto intento speculativo nell’incremento significativo del valore delle partecipazioni a seguito del conferimento. La causa di tale incremento va imputata al riacquisto della proprietà di due immobili – in precedenza concessi in leasing finanziario – immediatamente prima dell’operazione. Naturalmente, il riacquisto formale della proprietà di questi immobili, nel complesso aziendale poi conferito, ha contribuito ad accrescere artificialmente il valore delle partecipazioni ricevute dalla società conferente. Secondo la Cassazione, questa operazione avrebbe avuto come unico scopo quello di aumentare il valore delle partecipazioni al fine di ottenere un vantaggio fiscale attraverso l’applicazione della PEX.
Il principio generale espresso dalla Suprema Corte con la recente pronuncia sancisce la non operabilità del regime PEX, laddove i risultati effettivi dell’operazione mostrino un chiaro intento speculativo.
L’Agenzia delle Entrate ha effettuato un’interpretazione piuttosto estensiva della pronuncia in esame, ponendo la stessa a fondamento di un generale recupero delle plusvalenze da cessione di partecipazioni ottenute nell’ambito di un’operazione di conferimento d’azienda, ignorando però il principio operativo sotteso alla pronuncia della Cassazione.
L’aspetto cruciale sulla quale si è basata l’Agenzia delle Entrate nel recupero di questo genere di plusvalenze riguarda l’anzianità di detenzione: l’Agenzia ha legato l’anzianità non all’intero complesso aziendale conferito, ma ai singoli beni che lo compongono.
Una visione del genere implica però una valutazione disorganica delle componenti aziendali, assolutamente contraria alla logica sistematica che impernia la normativa fiscale. Infatti, secondo il principio di unitarietà aziendale, la plusvalenza derivante dalla cessione deve essere considerata in relazione all’intero complesso aziendale, non ai singoli asset che lo compongono. Questo approccio impiegato dall’Agenzia rischia, pertanto, di penalizzare le operazioni legittime di riorganizzazione, che mirano a ottimizzare la struttura e le risorse dell’impresa, dal momento che conduce ad un recupero a tassazione generalizzato, slegato da un giudizio sull’intento speculativo, considerato dirimente dalla Cassazione.
1.3 Riorganizzazione o speculazione? L’intento speculativo
Nonostante le restrizioni introdotte dalla giurisprudenza e dall’Agenzia delle Entrate, è importante individuare l’intento speculativo in alcune operazioni societarie.
Ad esempio, una società potrebbe decidere di conferire un ramo d’azienda a una nuova entità per separare le attività operative da quelle strategiche o per facilitare l’ingresso di nuovi investitori. In questi casi, la successiva cessione delle partecipazioni potrebbe essere parte integrante del progetto riorganizzativo e non un mero strumento per ottenere vantaggi fiscali.
Un elemento cruciale per difendere l’applicabilità della PEX è la capacità dell’impresa di dimostrare documentalmente l’intento riorganizzativo.
Ciò può avvenire attraverso:
- Un piano dettagliato che evidenzi gli obiettivi strategici dell’operazione.
- La coerenza temporale tra il conferimento e la successiva cessione.
- La dimostrazione che l’operazione ha generato benefici economici e organizzativi concreti.
- Una valutazione complessiva sui risultati effettivamente conseguiti a seguito dell’operazione
Per concludere, va approfondito un aspetto fondamentale che risiede nella ripartizione dell’onere probatorio nelle contestazioni relative all’applicazione della PEX. In base alle recenti modifiche della disciplina fiscale a maggior sostegno del contribuente, è l’Agenzia delle Entrate che ha l’onere, in prima battuta, di dimostrare le ragioni che giustificano il recupero della maggiore imposta. Se allora si considera che la Corte di Cassazione ha sancito che, affinché tale recupero sia legittimo, debba essere provato l’intento speculativo dell’operazione contestata, ne consegue che spetta all’Agenzia fornire elementi che evidenzino anche presuntivamente la natura elusiva o speculativa dell’operazione. Solo una volta assolto questo onere iniziale, l’impresa sarà chiamata a fornire eventuali prove documentali a sostegno della legittimità e delle finalità riorganizzative dell’operazione, come quelle in precedenza riportate a titolo esemplificativo. Se l’Agenzia non riesce a fornire tali elementi, l’onere probatorio non può considerarsi soddisfatto e, di conseguenza, il recupero della maggiore imposta non sarebbe giustificato. Non è sufficiente, a parere di chi scrive, fondare il recupero delle plusvalenze su un semplice rilevamento di incrementi del valore aziendale antecedenti alla cessione, posto che l’incremento di valore in sé per sé considerato è una circostanza attinente alla ordinaria gestione aziendale. Il recupero deve quindi essere giustificato da elementi anche presuntivi, purché gravi, precisi e concordanti, tali da mettere in luce un incremento del valore aziendale artificioso e straordinario che evidenzi l’intento speculativo dell’operazione.
1.4 Conclusioni
L’attuale interpretazione dell’Agenzia ed il recupero generalizzato di tali plusvalenze rischia di penalizzare le imprese che utilizzano strumenti legittimi per la ristrutturazione organizzativa. È auspicabile primariamente che l’Agenzia delle Entrate adotti un approccio più equilibrato, distinguendo chiaramente tra operazioni speculative e riorganizzative.
Inoltre, sarebbe necessario un intervento interpretativo che chiarisca i criteri per valutare l’intento delle operazioni straordinarie. Solo così sarà possibile garantire che la PEX continui a rappresentare uno strumento efficace per incentivare la crescita aziendale, alla luce dell’ampio utilizzo dello strumento del conferimento d’azienda.
Dal lato delle imprese, vista l’attuale stato di incertezza, è necessario comprendere l’importanza della pianificazione fiscale nell’ambito delle operazioni straordinarie e della disponibilità di materiale utile a documentare adeguatamente le motivazioni strategiche alla base delle stesse. In questo modo, sarà possibile difendere con successo l’applicabilità della PEX anche in contesti complessi come quello del conferimento d’azienda seguito dalla cessione delle partecipazioni.



